Da sempre gli innamorati in fase di rodaggio necessitano di un intermediario affidabile che possa essere portatore sano dei loro solleciti pensieri.
Nel passato questa figura veniva ricoperta da un impavido messaggero, che pur non badando a spese quando si trattava di recapitare un’affettuosa missiva, spesso veniva intercettato da banditi e/o guerre e/o pestilenze, capaci di distoglierlo in via definitiva dal compito che gli era stato assegnato, con buona pace degli amanti lontani, che non potevano fare affidamento su alcuna certezza.
E se il corriere umano non era in grado di garantire il raggiungimento del proposito, le altre soluzioni erano pure peggio. Segnali di fumo dispersi a causa di un colpo di vento, piccioni viaggiatori dispersi a causa di un colpo di fucile, poste italiane disperse e basta, nessuna quiete, insomma, per i cuori palpitanti bisognosi di feedback.
Tutto questo fino all’estate del duemilaquattordici, quando rumors non ancora smentiti (ma nemmeno confermati), hanno annunciato l’arrivo il terzo flag di WhatsApp. Ovvero il segnale che l’essere umano desidera ancor più delle patatine fritte ipo-caloriche: la conferma dell’avvenuta visualizzazione da parte del destinatario del messaggio inviato.
Tanto per capirci, con il terzo flag, Giulietta e Romeo avrebbero molto probabilmente divorziato, però non sarebbero puff, perché lei avrebbe avuto la certezza che lui sapesse che non era morta, ma solo ronf.
Ovvio, non v’è rosa senza spine, e se prima potevo immaginare che:
– Non mi risponde perché starà operando a cuore aperto
– Non faceva la fruttivendola?
– Sì, ma ha visto tutte le puntate di Grey’s Anatomy
Adesso si rende necessaria l’immediata formulazione di un algoritmo in grado di interpretare l’importanza del numero di respiri, un po’ affannosi, lo ammetto, che si intrometteranno tra il ricevimento del mio amorevole messaggio e la formulazione della tua (sta scrivendo…) amorevole (?) risposta.
Credo di sentire improvvisamente la mancanza di quell’incertezza in cui era così piacevole costruire la mia storia d’amore vagheggiata, che, a conti fatti, si rivelava quasi sempre meglio di quella vera…
PS …quasi sempre.