Ogni volta che mi innamoro entro nel mondo di quella persona, soprattutto entro nella sua musica e cerco di farla mia.
Oggi posso affermare con assoluta certezza che tutta la mia vita sentimentale si trova raggomitolata nel mio ipod, e la cosa mi piace.
La mia prima lettera importante fu la L., mi trattò di merda, ma mi fece conoscere Baglioni, che fu meraviglioso quando mi lasciò, non so proprio come avrei fatto a piangere senza mangia un po’ di piu’ che sei tutt’ossa e sul tavolo fra il té e lo scontrino ingoiavo pure questo addio…
Dopo anni di Baglioni, e sofferenza, finalmente incontrai M. con Carol King, con i Beatles, e Diane Schuur che cantava “Cry me a River”, canzone che dedicai immediatamente a L., assieme ad un implicito: vaffanculo!
M. fu un numero illimitato di musica di ogni genere, e mi piaceva tutta!
Nel cuore mi restano per due pezzi in particolare: “I can’t make you love me” di Bonnie Raitt e “Cara” di Lucio Dalla, che benché all’epoca fosse per me a tratti incomprensibile, non so come spiegarlo, beh, io mi ci vedevo, forse perché ho tanti capelli, oppure perché un giorno, molto, ma molto tempo dopo, anch’io mi sarei alzata per scappare.
E certo, c’era L. (un’altra) all’orizzonte, con tanta musica troppo alternativa, almeno per me che amavo tutto un altro genere. Mmmmh, ero indecisa, fino a quando un giorno mi disse:
“Ieri non riuscivo a smettere di ascoltare “It’s too late”, di Carol King, la conosci?”
“Hai voglia!”
E così mi innamorai.
Non c’era molto feeling in campo musicale, a dire la verità non c’era molto feeling e basta, diciamo che litigavamo praticamente per tutto, e toglierei il praticamente.
Un giorno, tornando a casa, nella nostra casa, accesi lo stereo, c’era un cd nuovo, era di L.. Iniziai ad ascoltare, un po’ di jazz, i Gotan Project (per inciso, era proprio necessario rovinare Santa Maria con la pubblicità del Finish? chiudo la parentesi), il valzerone di “In the mood for love” che mi piaceva molto e poi “E’ un altro addio”, con Toquinho e la Vanoni che duettavano sul dolore dell’amore e del non stare più assieme. Ricordo che mi sdraiai sul mio tappeto verde e piansi fino a non avere più lacrime.
Ci lasciammo il giorno dopo.
Conobbi M. (un’altra M.), qualche mese dopo la Vanoni con Toquinho, mi consigliò di ascoltare “Besame Mucho” di Cesaria Evora.
“Sai che in questa versione non l’ho mai sentita”
“E’ bella vero?”
Bellissima, quasi come te. Anzi, siccome credo proprio di amarti, potresti decidere di stare tutta la vita qui, molto vicino a me. Sento che la possibilità di perderti di vista per, tipo, due secondi di seguito, potrebbe essere fatale alla mia persona.
Ma finì la canzone ed io non aprii bocca. Non potevo perché nel frattempo si era fatto tardi, e la cosa sarebbe apparsa un po’ sconsona.
Però l’amavo già tantissimo.
“Allora Battisti ti piace?”
(Io odio battisti) “Certo, che domande…”
E così via, fosse durata un po’ di più credo che avrei iniziato a canticchiare Guccini sotto la doccia. Certamente mi innamorai un’altra volta di Bach, soprattutto se suonato da Glenn Gould.
Arrivò rapidamente ed andò via alla stessa velocità un’altra M., musica a palla, pezzi decisamente folli, soprattutto nelle nostre personalissime interpretazioni. Uno per tutti “Que te den” degli Amparanoia, la colonna sonora di quei giorni vissuti al triplo della mia velocità media.
Poi, senza preavviso, inciampai nella lettera B., una lettera nuova per me, ascoltava la mia musica, che pareva piacerle. Un giorno domandai dei suoi gusti.
“Renato Zero”
“Cosa?!?!?? Non ci credo”
Cacchio, era vero. Ricordo un viaggio in macchina urlando a squarciagola “Il triangolo”, canzone che per noi aveva dei significati, visto che la nostra fu una relazione a tre, e purtroppo non a causa mia.
La B. si rivelò una lettera piuttosto ostica, “Cercami”, che preferisco immaginare nella versione della Mannoia, divenne la sua missione con me, nel senso che prima mi lasciava, ma giusto per il tempo per tornare a cercarmi, solo che quando mi trovava, non si ricordava più perché mi aveva cercata. Fu così che mettemmo in piedi, per la gioia del pubblico pagante, un delirante loop che pareva non avere fine.
Ma non è di Zero il suo pezzo più rappresentativo, bensì “Cinquantamila lacrime” di Nilla Pizzi (cit.). Era così importante per B. questa canzone (e la sua cantante), che pur di assistere allo spettacolo, preferì lasciarmi, mentre io, piangente al telefono, cercavo di spiegare che trattasi di Nina Zilli e non Nilla Pizzi. Ciò nonostante adesso abbiamo un ottimo rapporto!
Incontrai S., la mia anima divisa in due, in un pomeriggio di fine marzo.
Non ho ben capito cosa piacesse ad S., so per certo che l’importante era che le due cose fossero diametralmente opposte.
Una volta postò un pezzo dei B-52’s “Planet Claire”, io non li avevo mai sentiti nominare, ad oggi quella canzone resta per me un tentativo degli alieni di invadere la terra, rincoglienendoci prima tramite la loro musica.
Per contro mi preparava torte di carciofi ascoltando Bach suonato da Glenn Gould.
“Lo conosci Glenn Gould”
“Hai voglia”
E così mi innamorai.
Qualche mese dopo mi confessò che la torta l’aveva cucinata una zia. Però giurò che aveva veramente pulito i carciofi ascoltando Bach.
“Ma allora tu menti?”
“Solo per sopravvivenza”
“Cazzo, tutta la vita è sopravvivenza!”
Jamiroquai, Annie Lennox, aveva una macchina perfetta e dei cassetti disordinatissimi, l’amavo soprattutto per i cassetti, avrei voluto nascondermici dentro, non mi avrebbe trovato mai e forse oggi staremmo ancora insieme.
La canzone che più di tutte mi ricorda S. è riuscita rapidissimamente a scalare tanti posti nella mia personalissima classifica, si intitola “Amore” ed è di Ryuichi Sakamoto. Non sta a me dirlo, ma continuo a trovarla fantastica.
E adesso?! E adesso l’ipod è pieno, quindi single a vita. Ma se proprio dovessi ricredermi, comprerei una vocale, così, tanto per cambiare, una bella A. magari, o una E., perché no.
Anche se… ma dai, non ci credo! Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?!
Liberamente ispirato alla classifica di “Quattro matrimoni e un funerale”