ricordare di dimenticarsi per dimenticare di ricordarsi, ovvero la strategia del pensiero nel cassetto

dimenticarsi charlie brownDiciamo che siete stati lasciati [non capiterà solo a me], e che non siete felici [non capiterà solo a me].  Diciamo che dopo la prima settimana di inspiegabile euforia [dovuta in gran parte alle goccine], ora siete precipitati nella orrenda fase b) altrimenti detta “deldoloreeterno”.
Questa fase [come si può facilmente intuire dal nome] è decisamente luuungaaaaaaaa, sia per voi, che per i vostri amici, i quali, dopo qualche giorno di ripetitive, inutili, pleonastiche lagne, staranno già iniziando a pensare che forse chi vi ha lasciato non avesse poi tutti i torti.
Quindi, per non perdere anche le persone più care, quelle che vi elargiranno in egual misura consigli e goccine di lexotan, condividerò con voi un piccolo consiglio: ricordatevi di dimenticare.

Io lo so che state male e che l’unico contatto con l’amato bene [ora ex] è rimasto il ricordo improvvisamente luminosissimo di lei/lui all’epoca del vostro sfavillante amore.
Però tornare in continuazione nel giardino della memoria per disotterrare con un escavatore professionale le immagini di quando eravate felici ed innamorati, non è proprio una delle sette migliori idee del mondo.
Intanto sono aaaaaanni che gli scienziati di Houston hanno portato alla luce la vera verità sui ricordi, ovvero la tendenza generalizzata dell’essere umano ad ingentilire quanto di brutto sia stato vissuto, sostituendo le giornate piovigginose e fredde con gigantografie di cieli azzurri estivi a centomila colori sapientemente elaborati in photoshop.  Inoltre, anche se la vostra vita fino al giorno prima di essere stati lasciati fosse stata un arcobaleno senza temporale, un 45 giri senza il lato b, una ciambella rigorosamente con il buco, beh, fatevene una ragione, adesso non è più così, quindi è inutile accanirsi.

Certo lo so, è più facile a dirsi che a farsi, tanto è vero che io non ci riesco mai. Ma chi ha detto che dovete imitare me?
Così, ogni volta che il ricordo andrà a battere dove il cuore duole [1440 secondi al giorno circa], voi prendete quel bastardo e gettatelo nel terzo cassetto partendo dall’alto, dell’armadio della nonna bis che sta in cantina.
Ripetete il gesto quando necessario, ma soprattutto in due occasioni: la sera, prima di addormentarvi, mentre l’ultimo pensiero del giorno cercherà di introdursi nel vostra anima, spacciandosi per premuroso canto d’amore, al solo scopo di ridurre il meritato sonno, ad un conteggio abbastanza preciso di tutte le pecore ad oggi viventi in nuova zelanda e paesi limitrofi.
E la mattina, appena svegli, quando il ricordo si fa complice del dormiveglia, riuscendo subdolamente ad insinuarsi tra il piumone nuovo dell’Ikea e il vostro cuore frantumato, fingendosi, per un mai finito attimo, meravigliosa sfavillante realtà, prima di tornare un’altra volta ad essere ciò che realmente è, dolorosa memoria di un passato che non esiste più.

Ma se sarete bravi, il “ricordarsi di dimenticare” lentamente si trasformerà in un “dimenticare di ricordarsi”, che in pratica decreterà la reale fine del vostro rapporto. E magari, perché no? L’inizio di uno nuovo, migliore, più forte e più veloce [citazione dall’uomo da sei milioni di dollari, perché lo sapete chi è  Steve Austin, vero?!?].

Se, invece, malauguratamente, doveste essere come me, allora fanculo il terzo cassetto dell’armadio della nonna bis che sta in cantina, di certo non lascerete andare via tanto facilmente la memoria di quelle splendide giornate estive.
Anzi, come il più scrupoloso dei giardinieri, coltiverete con infinita pazienza il ricordo degli arcobaleni senza temporale [anche se persino la pioggia con te era bella], delle ciambelle rigorosamente con il buco, dei cieli azzurri e delle tue mani e dei tuoi piedi e dei tuoi occhi, che infinitamente amo, perché si adattano così perfettamente ai miei, e ti giuro, amore, maaaai mi era capitato prima.